Veleggiare significa godere di una libertà assoluta, significa confrontarsi con le proprie paure. In barca a vela si è soli contro le immense forze della natura, il mare e il vento. Cercare di carpirne i segreti, sentirsi un tutt’uno con il vento, immedesimarsi nel mare per anticiparne le ondulazioni e indirizzare la barca verso la meta, se ce n’è una. Sapere che, se si sbaglia, in un attimo si finisce in acqua.
Con esperienze come questa si riesce a conoscere parti di sé delle quali neanche si sapeva l’esistenza, si riescono a trovare forze che non si immaginava di avere. Ci si deve confrontare con se stessi prima di tutto.
Veleggiare è dunque un viaggio intimo e individuale, ma non solo: l’esperienza si condivide con i compagni d’avventura, l’equipaggio. Quindi, oltre ad un’enorme esperienza introspettiva, è anche un momento di crescita psico-sociale. Se i compagni di viaggio si conoscono già (e anche in modo approfondito), sicuramente si potrà apprendere qualcosa di più su di loro, approfondendone la conoscenza e, se è andata bene, si imparerà ad apprezzarli maggiormente. Si apprende che in una persona c’è molto di più di quello che si legge in superficie. A volte, invece, può capitare di trovarsi con un equipaggio che non piace, che non si apprezza, con cui non si è per niente a proprio agio. Male e bene. Male perché forse si gode meno della veleggiata e della crociera. Bene perché si impara a fronteggiare situazioni non piacevoli, a gestire la propria personalità e a confrontarla con altre discordanti.
Il sentir battere violentemente la barca sul mare dopo ogni onda, il doversi aggrappare continuamente ed assiduamente a qualunque appiglio che si ha a portata di mano pur di non scivolare e farsi male (o peggio: finire in mare), l’acqua che si insinua ovunque, sulla barca e dentro ai vestiti, il vento che aggredisce il viso ed il corpo, il mal di mare (proprio o dei compagni che, possibilmente sottovento, rimettono persino l’anima). Fa tutto parte del gioco. In barca bisogna sapersi adattare continuamente a tutti i nuovi input che arrivano, dal meteo e dall’equipaggio.
Durante la veleggiata ci sono momenti di relax e momenti in cui c’è sempre qualcosa da fare: cazzare un po’ di più il fiocco, lascare la randa se arriva una raffica di vento, regolare il timone in base alle onde, …. Tutto questo può essere considerato un “lavoraccio” fatto di fatica e sudore (specialmente quando ci sono condizioni metereologiche avverse); è il momento in cui si mescolano la concitazione, la paura di sbagliare, il confronto con le proprie capacità fisiche e mentali e il raffronto con gli altri. In realtà, però, quel “lavoraccio” è il momento in cui ci si diverte di più e di cui si avranno i ricordi più belli, specialmente quando, durante l’aperitivo, se ne riparlerà con il proprio equipaggio. Alcuni definiscono la vela uno sport di gruppo e, anche se personalmente questa definizione mi sembra un po’ riduttiva, di sicuro rende l’idea delle responsabilità che ognuno ha nei confronti dell’intero equipaggio, in quanto gli errori o i meriti di un componente si ripercuotono su tutti.
Se è la prima volta che si sale in barca a vela, o comunque non se ne sa niente, si viene sommersi di parole che sembrano provenire da un altro pianeta, non si sa dove mettere le mani, cosa fare, non si capirà niente di quello che succede attorno. E’ del tutto normale e, nel giro di un paio di giorni, se lo skipper è un bravo “istruttore”, si incomincerà a capire cosa succede e cosa si sta facendo quando si compie una determinata manovra.
Per non parlare poi dei panorami: sono letteralmente unici. Quando di fronte ai propri occhi si presentano solo le sfumature del blu, del mare e del cielo, ci si sente leggeri come una piuma, sensazione che il movimento ondulatorio della barca accentua, facendo sembrare di poter volare dentro tutto quell’immenso blu, proprio come un gabbiano. Poi l’attenzione si sposta tutta su di lui, il Sole che scende lentamente sull’orizzonte e, prepotentemente, riempie il blu e la tua anima di tutte le sfumature del rosso, dall’arancio al giallo. L’atmosfera che si crea è qualcosa di assolutamente stupefacente; ci si ritrova immersi in uno di quei rari momenti in cui la mente ha la facoltà di non pensare a niente.
Si è soli, inebriati dal meraviglioso spettacolo che si ha davanti agli occhi. Ci si sente protagonisti di un momento speciale e ci si ritrova a stupirsi del sorriso che si scopre di avere sulle labbra e negli occhi. Se, per giunta, questi momenti speciali sono condivisi con persone altrettanto speciali, be’, non c’è altro da aggiungere.
Facendo un’esperienza del genere, quasi di sicuro capiterà di imbattersi in coloro che vengono unanimamente definiti “lupi di mare”; persone che sto imparando ad apprezzare sempre di più.
Gli uomini che vivono di mare ed in mare hanno sempre una storia da raccontare, molto spesso tragicomica, un po’ come i viaggiatori. Parlare con loro è sempre un’esperienza travolgente ed interessante sotto ogni punto di vista.
Riassumendo posso affermare, senza alcun dubbio, che la barca a vela sia una delle scuole di vita più complete, grazie alla quale si ha la possibilità di mettersi completamente a nudo ed in gioco e dove le emozioni non mancano di certo.
Se ne avete la possibilità, quindi, non fatevi sfuggire l’occasione di fare una bella crociera con gli amici (ed uno skipper esperto) in barca a vela, non ve ne pentirete, ve lo assicuro.
Articolo di Francesco Farinella
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